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Predappio 28 ottobre

Predappio, Predappio Bassa, Predappio Nuova, o forse si dovrebbe dire Dovia, come la località si era sempre chiamata fino a quel lontano 1925 in cui si decise di renderla eterno esempio di architettura neo imperiale italiana. Aveva dato i natali a Benito Mussolini, figlio del fabbro di Dovia, dominata dall’antico castello medievale di Predappio Alta, all’epoca chiamata, semplicemente, Predappio, l’antico presidio della famiglia romana degli Appi (Praesidium Domini Appi).
Questo slittamento di nomi storie e tradizioni però non deve farci perdere di vista la realtà della città di Predappio oggi: una gemma architettonica del razionalismo di regime, costruita e calcolata appositamente per rendere evidenti l’ordine e la funzionalità, per palesarli agli occhi del visitatore. Sulle montagne che si aprono intorno alla Casa del fascio e dell’ospitalità sorgono i due simboli di Predappio, da un lato l’antico castello, oggi Predappio Alta, dall’altro la misteriosa maestà della Rocca delle Caminate, simbolo di un breve fasto novecentesco. Oggi Predappio, più che per il vino, peraltro ottimo, è conosciuta universalmente per essere stata la patria del Duce e l’attuale custode delle sue spoglie mortali che rappresentano per la municipalità una delle risorse turistico-economiche di maggior spessore. Fiorente è l’industria dei gadgets legati al Ventennio, che trovano qui un mercato ideale composto di curiosi, nostalgici, neofiti e, talvolta di critici; non si può partire da Predappio senza portare con sé un souvenir, non fosse altro che una bella bottiglia di Sangiovese con un bel profilo dalla mandibola volitiva sull’etichetta. Ci sono alcuni momenti dell’anno, coincidenti con le più famose ricorrenze (Marcia su Roma, nascita di Mussolini,ecc.), in cui la città si popola di schiere di nostalgici vestiti di tutto punto, con fez e pantaloni alla zuava, nonché l’immancabile camicia nera, è in questi momenti che Predappio sembra diventare il grande razionale contenitore architettonico di una sorta di apologia di fascismo, nella quale l’ideologia va di pari passo con il folklore.

Testo: Fabio Dibenedetto